“Sindrome della medietà”: la Fesica apprende al Cnel della complessità della situazione italiana in occasione del Rapporto Censis
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“Sindrome della medietà”: la Fesica apprende al Cnel della complessità della situazione italiana in occasione del Rapporto Censis

Dic 9, 2024

“La sindrome italiana è la continuità nella medietà, in cui restiamo intrappolati. Il Paese si muove intorno a una linea di galleggiamento, senza incorrere in capitomboli rovinosi nelle fasi recessive e senza compiere scalate eroiche nei cicli positivi”. A tracciare questo ritratto dell’Italia è il CENSIS, che a Roma presso il CNEL ha presentato il suo annuale Rapporto, il 58esimo, “La società italiana nel 2024”.

Alla presentazione di Villa Lubin era presente, a rappresentare la FESICA, Gianluca Petavrachi. Il rapporto – ha detto Petavrachi – ha dipinto un quadro piuttosto complesso della situazione lavorativa in Italia. Come rappresentante della Fesica ho attenzionato ovviamente in primis i temi del lavoro e degli affari sociali sul quale ragguaglierò la Segreteria generale; dal Rapporto è emerso come l’Italia sia intrappolata in una ‘sindrome della medietà’, dove non si raggiungono eccellenze e si fatica a uscire da situazioni di stallo. In sostanza è emersa la complessità della situazione italiana e la necessità di un profondo cambiamento. Secondo gli studiosi – spiega Gianluca Petravachi – siamo davanti una società italiana stagnante, caratterizzata da una diffusa sfiducia nelle istituzioni, una crescente polarizzazione sociale, una carenza di competenze di base, un marcato disagio giovanile e una percezione di immobilità sociale, il tutto in un contesto economico che non riesce a garantire un miglioramento sostanziale delle condizioni di vita, nonostante un aumento dell’occupazione”.

In forma più ampia il centro studi del Censis ha evidenziato nella sua analisi la “sequela di disincanto, frustrazione, senso di impotenza, risentimento, sete di giustizia, brama di riscatto, smania di vendetta ai danni di un presunto colpevole” che però “non è sfociata in violente esplosioni di rabbia”. D’altra parte, “la spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere si è smorzata”, si legge nel Rapporto, che cita la riduzione del 7%, dal 2003 al 2023, del reddito disponibile lordo pro-capite e la diminuzione del 5,5% della ricchezza netta pro-capite. L’85,5% degli italiani, fa poi sapere il CENSIS, è convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale e a questo dato corrisponde anche una “crescente avversione ai valori costitutivi dell’agenda collettiva del passato”: ad esempio, per il 71,4% degli italiani l’Unione europea è destinata a sfasciarsi, senza riforme radicali. Il 68,5% ritiene che le democrazie liberali non funzionino più. E il 66,3% attribuisce all’Occidente (Usa in testa) la colpa dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Non a caso, solo il 31,6% si dice d’accordo con il richiamo della Nato sull’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil.

Dal Rapporto emerge anche una certa “rivalità delle identità”, con il 38,3% degli italiani che si sente minacciato dall’ingresso nel Paese dei migranti, il 29,3% che prova ostilità per chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale, il 21,8% che vede il nemico in chi professa una religione diversa, il 21,5% in chi appartiene a una etnia diversa, il 14,5% in chi ha un diverso colore della pelle, l’11,9% in chi ha un orientamento sessuale diverso. Inoltre, il 57,4% degli italiani ritiene che l”italianità’ sia cristallizzata e immutabile, definita dalla discendenza diretta da progenitori italiani e per il 36,4% è connotata dalla fede cattolica, per il 13,7% è associata a determinati tratti somatici. “Siamo culturalmente preparati al salto d’epoca?” È la domanda che si pone il Rapporto, che sottolinea una “mancanza di conoscenze di base”: per fare qualche esempio, il 49,7% degli italiani non sa indicare correttamente l’anno della Rivoluzione francese, il 30,3% non sa chi è Giuseppe Mazzini (per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica), per il 32,4% la Cappella Sistina è stata affrescata da Giotto o da Leonardo, per il 6,1% il sommo poeta Dante Alighieri non è l’autore delle cantiche della Divina Commedia. “Nel limbo dell’ignoranza – è il commento del CENSIS – possono attecchire stereotipi e pregiudizi: il 20,9% degli italiani asserisce che gli ebrei dominano il mondo tramite la finanza, il 15,3% crede che l’omosessualità sia una malattia, il 13,1% ritiene che l’intelligenza delle persone dipenda dalla loro etnia, per il 9,2% la propensione a delinquere avrebbe una origine genetica (si nasce criminali, insomma), per l’8,3% islam e jihadismo sono la stessa cosa”. 

Tra i “conti” che “non tornano” nel sistema Italia, quelli relativi a Pil, con dati “non incoraggianti” e numero di occupati in aumento. A essere entrata in una spirale negativa è poi la produzione delle attività manifatturiere italiane (-1,2% tra il 2019 e il 2023), mentre le presenze turistiche hanno raggiunto i 447 milioni nel 2023, con un incremento del 18,7% rispetto al 2013, specie grazie alla componente estera (+26,7%). Sul tema dei servizi e delle infrastrutture di coesione sociale presenti sul territorio, “si acuisce il problema”: in Italia le famiglie che sperimentano difficoltà nel raggiungere una farmacia sono il 13,8% del totale (3,6 milioni) e per accedere a un Pronto soccorso sono il 50,8% (13,3 milioni) e nel caso dei residenti in comuni fino a 2.000 abitanti le difficoltà riguardano rispettivamente il 19,8% e il 68,6% delle famiglie. Inoltre, al 62,1% degli italiani è capitato almeno una volta di rinviare un check up medico, accertamenti diagnostici o visite specialistiche perché la lista di attesa negli ambulatori del Servizio sanitario nazionale era troppo lunga e il costo da sostenere nelle strutture private era considerato troppo alto. Al 53,8% è capitato di dover ricorrere ai propri risparmi per pagare le prestazioni sanitarie necessarie. Sul fronte previdenziale, il 75,7% pensa che non avrà una pensione adeguata quando lascerà il lavoro. In particolare, è l’89,8% dei giovani ad avere questa certezza. 

Passando ai giovani, dalle analisi del CENSIS emerge che il 58,1% delle persone nella fascia 18-34 anni si sente fragile, il 56,5% si sente solo, il 51,8% dichiara di soffrire di stati d’ansia o depressione, il 32,7% di attacchi di panico, il 18,3% accusa disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia. Inoltre, dopo la pandemia, è sempre più evidente il ritorno alla convivialità e alla frequentazione dei luoghi pubblici, con il 58,8% degli italiani che incontra gli amici durante il tempo libero almeno una volta alla settimana e il dato sale tra i giovani, con punte intorno al 90% tra chi ha dai 15 ai 19 anni, mentre è evidente una rarefazione delle relazioni tra le persone anziane. Tuttavia, dal rapporto emerge che nel 2023 le persone sole hanno superato gli 8,8 milioni (+18,4% dal 2013): vedovi (3,1 milioni) costituiscono il 34,8% delle persone sole, i single (celibi e nubili o separati e divorziati) sono il 65,2% (5,8 milioni).

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