L’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro.
Il Codice civile, letto con l’iniziale serenità del primo analista, si presenta completo in ogni sfaccettatura definitoria, innanzitutto per i riferimenti più o meno impliciti agli istituti trattati nel complesso normativo di riferimento.
Il contratto, le parti, l’oggetto, l’opera o servizio ed il corrispettivo, spesso oggetto di approfondimenti sono stati esaminati e studiati senza risparmio di energie. Si può peraltro osservare come la norma codicistica focalizzi, tra le parti, in primo luogo l’appaltatore, per porre intorno ad esso i paletti che fissano importanti indicazioni sui necessari od essenziali requisiti di carattere eminentemente soggettivo.
Indicazioni che hanno via via generato nel tempo – con immutata norma – numerosi approfondimenti sui caratteri della gestione e proprio rischio oltre che dell’organizzazione dei mezzi necessari. Dottrina e giurisprudenza hanno approfondito caratteri, contenuti, limiti e fattispecie particolari di situazioni riferite alla figura dell’appaltatore e della sua qualificazione giuridica nel mondo imprenditoriale e del lavoro.
Gli aspetti soggettivi possono essere peraltro ulteriormente approfonditi alla luce delle evoluzioni che di fatto hanno caratterizzato la presenza di imprese, imprese artigiane, imprese familiari e lavoro autonomo nel nostro
sistema socioeconomico oltre che giuridico, delle controversie insorte e rispettive soluzioni ed infine nelle impostazioni prassi e di dottrina. Tale aspetto merita sicuramente una attenzione votata al tentativo di sistematizzare le posizioni, conoscerle nella loro completezza, individuarne le prevalenti, consolidate, le sistematicamente presenti, al fine di una conoscenza omogenea ed utile.
Quello che qui interessa, anche perchè aspetto meno trattato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, è l’approfondimento sistematico non tanto dei requisiti soggettivi necessari a chi “assume” (appaltatore) l’esecuzione dell’opera o del servizio, quanto approfondire gli aspetti oggettivi inerenti all’opera o al servizio tentando di circoscrivere anche sotto questo profilo i confini di rispondenza alla norma e, in definitiva, di liceità dei comportamenti e di qualificazione giuridica dei contratti. In particolare si deve osservare che la norma non si sofferma nella descrizione del soggetto appaltante, se non, in sottinteso, quale soggetto obbligato a corrispondere il corrispettivo, in denaro.
Al contrario propone, all’indicazione del soggetto appaltatore, numerosi requisiti, direttamente espressi o rinvenibili dal riferimento codicistico o, in generale del complesso delle norme. Il riferimento all’organizzazione dei mezzi necessari con gestione a proprio rischio, ed il condizionare il compimento di un’opera o di un servizio alla necessaria previsione di un corrispettivo in danaro, indicano requisiti al di fuori dei quali, e per il tono tassativo dell’enunciato, non pare potersi ipotizzare la fattispecie e, per ovvia conseguenza, il regime giuridico che da essa discende.
Il riferimento è chiaramente all’art. 2082 ed alla figura ivi descritta dell’imprenditore, si tratta di una norma, come è noto, di forte centralità e che fornisce la nozione generale quale soggetto dell’attività economica che costituisce il presupposto per l’applicabilità della disciplina prevista dall’ordinamento per ogni tipo di imprenditore. Un rinvio così esplicito impedisce la qualifica di appaltatore a soggetti non imprenditori?
La risposta, a sommesso avviso dello scrivente non esaurisce nell’aspetto soggettivo ma investe l’attività imprenditoriale, tesa all’organizzazione dei mezzi necessari ed implicante, quanto meno limitatamente all’oggetto del contratto, il c.d. “rischio di impresa”. Cosìcchè l’imprenditore è il soggetto tipico che possa assumere il ruolo di appaltatore, ma non in stretta coerenza con la forma giuridica di impresa (società di capitali, società cooperative, impresa familiare, impresa individuale) ma che sia sufficiente in ogni caso l’attività, cui si riferisce la norma, di organizzazione dei mezzi necessari, con gestione a proprio rischio.
Nulla sembra peraltro espressamente vietare che assuma tale ruolo nel contratto di appalto un soggetto che comunque eserciti lecitamente attività di impresa, anche a latere della propria “mission” istituzionale o di altro genere. Amenamente e per puro esemplificare, sembra non possibile rivestire il ruolo di appaltatore da parte di un codominio, un’ente parrocchiale, una associazione sportiva. Nel quadro civilistico così appena delineato, si inserisce la più recente norma, idoneità tecnico professionale, finalizzata ad assicurare al contratto tipico, con nuovi obblighi:
D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 “Art. 26 – Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione 1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice .. omissis…
a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all’articolo 6, comma 8, lettera g), l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture
… omissis .. la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato; “ci si chiede pertanto se sia conforme alla legge l’affidamento di opera o servizio, verso corrispettivo, non solo ad un soggetto che si, sostenga “con gestione a proprio rischio” l’esecuzione dell’opera o del servizio, ma che altresì non sia in possesso dei requisiti tecnico professionali necessari al compimento dell’opera stessa o del servizio. La norma sembra incrementare l’aspetto oggettivo ponendo in risalto l’accertamento delle capacità imprenditoriali necessarie si, ma specificamente all’esecuzione dell’opera o del servizio.
Tali capacità sono da correlare strettamente al concetto di rischio, insieme concorrono a collocare nell’ambito tipico il contratto.
Non vi si trova una definizione esplicita di impresa ma si può dedurre che essa sia l’attività economica volta a produrre profitto. Anche la definizione di rischio è complessa nonostante il fatto che tanta letteratura ha provato a indicarne la genesi e le specificità per ciascuna attività umana, ma per questo, in assenza di altro, pare necessario. L’impresa rimane comunque una attività in costante evoluzione, il cui risultato economico dipendente da
circostanze spesso non controllabili, tra cui l’ambiente, il costo del lavoro, i prezzi delle materie prime, la tecnologia, il comportamento degli acquirenti, i “competitors”, il regime normativo e fiscale ma anche dipendente dalle scelte gestionali.
Si può dire che l’incertezza domini tutta la vita dell’impresa in ogni sua fase e che il rischio si possa considerare quindi una componente dell’impresa stessa. Allora perché si parla di Rischio di impresa? Esso è collegato alla possibilità che, durante la conduzione delle attività, si verifichino eventi in grado di compromettere l’impresa stessa. Il calcolo e la gestione del rischio d’impresa diventano quindi necessari per il funzionamento dell’azienda e per tentare di prevedere e mettere al sicuro imprenditore, azionisti e dipendenti. Ma alla luce dell’analisi seppur sommaria dell’impianto normativo come sopra riportata, è possibile ricondurre il concetto di rischio di impresa (elemento necessario alla qualificazione giuridica di appalto) agli aspetti anche oggettivi del contenuto contrattuale?
Il Codice non definisce il concetto di rischio di impresa e al di là di ogni approfondimento riferito al soggetto impresa, si può tentare la ricerca all’ambito economico anche riferita oggettivamente ad un’opera od un servizio. In economia il rischio complessivo dell’impresa è l’insieme delle responsabilità conseguenti alle scelte dell’impresa stessa. Esso è direttamente a carico dell’imprenditore che esercita l’attività economica. Tutto però riferito alla generale attività di impresa e non anche al singolo processo produttivo. Da qui la domanda se la gestione a proprio rischio sia indicata come condizione professionale dell’appaltatore, ovvero se sia necessariamente sussistente nella gestione della costruzione dell’opera o del servizio, ovviamente in relazione allo specifico corrispettivo in denaro.
La prospettiva evoca il concetto di risultato della gestione ossia, in termini concreti, il risultato della differenza tra costi e ricavi, seppur tra gli uni e gli altri si possa inserire ogni elemento proporzionale dei singoli costi afferenti
l’impresa in generale e rapportati allo specifico processo produttivo oggetto del contratto. Spostato sul piano oggettivo il focus dell’esecuzione dell’opera o del servizio, si verifica la possibilità di porre una domanda nuova, a costruzione dei parametri della liceità del contratto di appalto, in particolare con le conseguenze di qualificazione come attività tipica ovvero di simulazione di contratti di fornitura di manodopera.
L’oggetto del contratto può consistere nella esecuzione di un’opera o di un servizio inidonei alla generazione di una differenza tra costi e ricavi come prima indicata, senza la possibilità di alcun rischio nella gestione? Si pensi ad un oggetto avulso da un processo produttivo complesso e parcellizzato, dal quale si estragga una singola parte meccanicamente isolabile ma che comporti impiego di manodopera senza che tale attività sia
suscettibile di alcun rischio nella determinazione del risultato della differenza tra costi e ricavi. In extremis, premesse tutte le altre caratteristiche dell’appalto come esistenti, è lecito isolare in una catena di montaggio l’attività di serraggio dei bulloni portati da un macchinario in costruzione e porlo ad oggetto di un contratto di appalto? Quale rischio di impresa sussisterebbe? Nel caso negativo, tale attività, si noti, in costanza della sussistenza degli altri elementi essenziali del contratto, sarebbe lecita?
Un’indagine sugli aspetti oggettivi del contratto, ad esempio un’analisi sulla idoneità del parcellizzato processo produttivo a produrre risultati della gestione, potrebbe contribuire ad accertarne la liceità ovvero la dissimulazione
i un diverso contratto con il relativo regime giuridico? Il tema, per quanto ardito, non si presenta come secondario e potrebbe contribuire ad implementare ed attualizzare il complesso degli indicatori di genuinità degli appalti, proprio in un contesto come quello attuale, in cui anche importanti realizzazioni di opere e servizi vengono commissionati a soggetti di indubbie e complesse strutture produttive capaci si affrontare ogni tipologia di rischio di impresa, ma che poi nello scenario attuale finiscono per essere parcellizzati e collocati agli estremi delle filiere degli appalti ove l’equilibrio tra costi e ricavi risulta eroso ed alterato dal procedere della filiera, con la commissione non più di segmenti dell’attività produttiva comportanti costi e ricavi e relativo rischio nella gestione, ma mera o prevalente fornitura di manodopera.
di Filippo Nunziata