Il Fondo nuove competenze è un fondo pubblico cofinanziato dal Fondo sociale europeo, nato per contrastare gli effetti economici dell’epidemia Covid-19 e che permette alle imprese di adeguare le competenze dei lavoratori, destinando parte dell’orario alla formazione. Le ore di stipendio del personale in formazione sono a carico del fondo, grazie ai contributi dello Stato
È l’ultimo mese per presentare richiesta al Fondo Nuove Competenze, il fondo pubblico cofinanziato dal Fondo sociale europeo, nato per contrastare gli effetti economici dell’epidemia Covid-19, che permette alle imprese di adeguare le competenze dei lavoratori, destinando parte dell’orario alla formazione. La proroga al 30 giugno si è rivelata cruciale per diverse aziende, è infatti da considerarsi una grande opportunità per la ripresa del tessuto imprenditoriale italiano e per stare al passo con le sfide del futuro’.
La riprova anche dai dati ufficiali sull’utilizzo del Fondo in questi primi mesi: sono oltre duemila le realtà che finora hanno usufruito di questo strumento per la formazione di 170mila lavoratori, con un totale di 16,7 milioni di ore di formazione autorizzate. Le organizzazioni nel nostro Paese sono, quindi, consapevoli dell’importanza dell’upskilling e reskilling. Consapevoli ma anche interessate a saperne di più in materia: le query online a riguardo, come riporta Google Trends, hanno, infatti, registrato un’impennata a inizio maggio. Se tra le piccole vi è ancora una limitata conoscenza dello strumento, l’ostacolo al Fnc più citato, è la mancanza di capacità organizzative interne per la sua implementazione per cui le aziende trovano utile farsi affiancare da consulenti esperti.
Ma come dovrebbe essere utilizzato il Fondo? La cornice normativa non specifica le priorità sul tipo di formazione da attuare: per una realtà rispondente su tre (31,6%) questa formazione dovrebbe concentrarsi sulle tematiche relative a smart people, ovvero sullo sviluppo di quelle competenze richieste, ad esempio, dai nuovi modelli di collaborazione e dallo smart working e il 21,1% ritiene necessario, invece, promuovere corsi relativi alla digital transformation, soprattutto in ambito cyber security, big data e cloud computing.
La cornice normativa non specifica le priorità sul tipo di formazione da attuare: per una realtà rispondente su tre (31,6%) questa formazione dovrebbe concentrarsi sulle tematiche relative a smart people, ovvero sullo sviluppo di quelle competenze richieste, ad esempio, dai nuovi modelli di collaborazione e dallo smart working e il 21,1% ritiene necessario, invece, promuovere corsi relativi alla digital transformation, soprattutto in ambito cyber security, big data e cloud computing.
Mentre minor importanza viene data al miglioramento della produzione, come supply chain, lean management, green e circular economy. Operations (26,3%), Human Resources (21,1%) e Sales (15,8%), invece, le funzioni che dovrebbero essere maggiormente coinvolte nella formazione in questo particolare periodo e su cui, quindi, le organizzazioni italiane stanno investendo per la ripresa. La ‘readiness’, questo è l’obiettivo del Fondo Nuove Competenze che vuole supportare le aziende in questo periodo, intesa come capacità di risposta del capitale umano alle mutate esigenze delle imprese e dei mercati determinate dall’evento pandemico.
Come emerge le imprese stanno investendo soprattutto nell’adeguamento ai nuovi modelli organizzativi e produttivi post-pandemia. Agile PM, gestione del team da remoto, nuovi stili di leadership, virtual-selling e nuove tecnologie sono le tematiche più richieste, oltre a quelle legate alle competenze linguistiche. L’auspicio è che l’incertezza e la volatilità del contesto attuale possano diventare una leva per facilitare l’accesso alla formazione e favorire un approccio nuovo all’apprendimento che sia garanzia di employability, competitività e sviluppo economico e sociale’.