Lavoro: Cosa è il contratto di rioccupazione introdotto dal Decreto sostegni bis?

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Lavoro: Cosa è il contratto di rioccupazione introdotto dal Decreto sostegni bis?

Vale solo per i lavoratori in possesso dello «stato di disoccupazione»

Il decreto Sostegni-bis introduce il contratto di rioccupazione, una forma di lavoro subordinato a tempo indeterminato in virtù della quale i datori di lavoro pagano meno contributi se fanno svolgere ai neo-assunti un percorso di adeguamento delle competenze. L’elemento caratteristico del contratto è la definizione, con il consenso del lavoratore, di un progetto individuale di inserimento, per adeguare entro sei mesi le competenze professionali al nuovo contesto. E’ quanto riporta il “focus norme e tributi” del Sole 24 ore edizione odierna.

Passati i sei mesi, le parti possono recedere liberamente dal contratto. Se nessuna recede, il rapporto prosegue come ordinario lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nel periodo di inserimento, è riconosciuto l’esonero dal versamento del 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori, esclusi premi e contributi Inail. Ma c’è un limite: l’esonero non può superare i 3mila euro complessivi.

L’incentivo va restituito se, al termine del periodo di inserimento, il datore procede al licenziamento collettivo o individuale per giustificato motivo oggettivo di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con lo stesso livello e categoria legale di quello assunto con il contratto di rioccupazione. L’incentivo è cumulabile, per il periodo di durata del rapporto successiva ai sei mesi, con gli altri esoneri contributivi previsti dalla legislazione vigente.

Le finalità occupazionali di queste regole rischiano di essere frenate da alcuni limiti rilevanti, che rendono il contratto meno conveniente di strumenti esistenti. Il primo riguarda gli incentivi contributivi: molte aziende non potranno accedervi, perché spettano solo a quelle che non hanno raggiunto la soglia massima fissata dalla Commissione Ue per l’utilizzo degli incentivi all’occupazione. E il loro riconoscimento non è affatto certo: l’esonero contributivo va restituito se alla fine dei sei mesi il rapporto non prosegue o se – come visto – nei sei mesi successivi alla conferma del dipendente, il datore licenzia un suo collega.

Altro elemento che potrebbe frenare il contratto di rioccupazione è la platea molto limitata: vale solo per i lavoratori in possesso dello «stato di disoccupazione», si può utilizzare solo fino al 31 ottobre 2021 ed esclude le imprese che nei sei mesi precedenti hanno intimato licenziamenti per motivi organizzativi o economici. Ulteriore limite è l’obbligo di definire, con il consenso del lavoratore, un progetto individuale di inserimento: quale sia il contenuto concreto che dovrà avere questo piano non è chiaro. Pensare che le imprese assumano personale usando uno strumento come questo appare, quindi, molto difficile. Peraltro, esistono rapporti molto più flessibili e convenienti. Inoltre, la durata dell’esonero contributivo è molto ridotta rispetto al passato (si pensi che il Jobs Act riconosceva tre anni di esonero, con valori molto più alti), riducendosi a poche centinaia di euro al mese,
da restituire in caso di mancata prosecuzione del rapporto.