Niente stipendio senza vaccino? Facciamo chiarezza sulla sentenza del Tribunale di Belluno

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Niente stipendio senza vaccino? Facciamo chiarezza sulla sentenza del Tribunale di Belluno

Molti organi di informazione hanno riportato, con grande rilevanza, la notizia di una sentenza emessa dal Giudice del Lavoro di Belluno e relativa alla vicenda di alcuni lavoratori di RSA che avevano rifiutato la somministrazione del vaccino per il Covid. Purtroppo dobbiamo riscontrare il fatto che, su un argomento così delicato nell’attuale contingenza, sia stata diffusa da importanti organi di stampa una grave disinformazione; numerosi titoli riportano infatti, testualmente, frasi come “niente stipendio senza vaccino” o “va sospeso lo stipendio ai sanitari che non si vaccinano”.
La realtà è però ben diversa da quella che lasciano intendere certi titoli, infatti i lavoratori in questione non sono stati sospesi dallo stipendio e tanto meno il Giudice ha stabilito la legittimità di sospendere la retribuzione al personale che rifiuti il vaccino. In realtà in questa vicenda i lavoratori che avevano rifiutato il vaccino sono stati dichiarati temporaneamente non idonei alla mansione dal medico aziendale, per cui il datore di lavoro, non potendo adibirli ad altre mansioni, li ha collocati in ferie retribuite. Quindi a questi lavoratori non è stata mai sospesa la retribuzione; gli stessi hanno infatti contestato la collocazione in ferie “forzate” e non una sospensione della retribuzione che non c’è mai stata.
Si sono quindi rivolti al Giudice del Lavoro con un cosiddetto ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c., ovvero una procedura giudiziaria per cui la parte attrice (i lavoratori) chiedono al Giudice di pronunciarsi in tempi veloci – quindi evitando i tempi lunghi di una normale azione giudiziaria – in quanto ritengono di poter subire un grave danno se il comportamento, assunto dagli stessi come illegittimo, non sia come tale sanzionato dal Giudice in tempi rapidi.
In tale procedura giudiziaria il Giudice è quindi chiamato a valutare, prima ancora del merito della questione posta, se la stessa sia effettivamente meritevole di una procedura giudiziaria più veloce, quindi “passando avanti” ad altre azioni pendenti presso il Tribunale. Tale valutazione preliminare viene effettuata dal Giudice su due elementi giuridici, il cosiddetto “fumus boni iuris” e il “periculum in mora”; nel primo caso il Giudice deve valutare sommariamente se effettivamente esistano presupposti giuridici per l’istanza posta dalla parte attrice, mentre nel secondo caso deve valutare se effettivamente i tempi lunghi di un’azione giudiziaria ordinaria potrebbero danneggiare la parte attrice.
Il Giudice del Lavoro di Belluno, nel valutare la causa in questione, ha ritenuto insussistenti entrambi i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, peraltro ritenendo quest’ultimo insussistente proprio in quanto non ha rilevato pericolo di sospensione della retribuzione o licenziamento dei lavoratori.
Quindi è bene sottolineare che la vicenda giudiziaria in questione: non è entrata pienamente nel merito della vicenda, trattandosi di una procedura sommaria in cui si valuta l’urgenza dell’azione giudiziaria; il personale non è stato sospeso dalla retribuzione né il Giudice ha mai legittimato un tale provvedimento, anzi proprio la circostanza che i lavoratori percepissero regolarmente la retribuzione e che non ci fosse alcun motivo per ritenere che rischiassero il licenziamento, ha orientato il Giudice nel valutare l’insussistenza del periculum in mora.
Segr. regionale Lazio e prov. Roma