Emergono gli “effetti collaterali” del lavoro agile
Il 31 agosto è scaduto l’appalto del servizio di ristorazione presso le sedi Telecom di tutta Italia, su cui operano centinaia di addetti.
Il servizio di ristorazione presso le sedi Telecom è stato sospeso, prima per effetto delle misure di contenimento del rischio epidemiologico da covid 19 e poi per il massiccio ricorso allo smart working, dallo scorso mese di marzo.
Il personale è stato posto in cassa integrazione in deroga, senza peraltro aver ricevuto ancora anche un solo pagamento dall’Inps dallo scorso mese di marzo, vergogna già ripetutamente denunciata dal nostro Sindacato.
Ora al dramma che già vivono questi lavoratori e lavoratrici, si aggiunge la fortissima preoccupazione di perdere il posto di lavoro.
Infatti l’appalto scaduto l’altro ieri con le ditte aggiudicatarie non è stato assegnato ad altri operatori, né Telecom ha reso noto – pur avendo il nostro sindacato già lo scorso 6 agosto scritto a Telecom proprio per capire quali fossero le intenzioni dell’azienda in merito all’appalto del servizio di ristorazione – come intenda procedere per il futuro.
Ad oggi quindi il personale addetto al servizio non sa cosa aspettarsi per il futuro, ma la situazione desta fortissima preoccupazione, anche perché la discontinuità creatasi con la cessazione dell’appalto al 31 agosto, senza nuovo affidamento al 1 settembre, rischia di rendere inapplicabile, in caso di un’eventuale futuro affidamento dell’appalto ad altri operatori, la clausola sociale del CCNL Pubblici Esercizi – Ristorazione Collettiva che salvaguarda il personale addetto al servizio in caso di cambio di appalto.
La Fesica Confsal ha scritto sia ad Elior Ristorazione spa (una delle ditte affidatarie del servizio fino al 31 agosto), che a Telecom chiedendo un incontro urgente per esaminare la situazione che investe centinaia di lavoratori e le loro famiglie.
Anche su queste pagine, già lo scorso mese di luglio, il nostro sindacato aveva lanciato l’allarme sul settore della ristorazione collettiva chiedendo norme ad hoc e un confronto sul ricorso allo smart working, appelli rimasti inascoltati con le conseguenze che iniziamo a vedere.
Il ricorso massiccio allo smart working, peraltro in un lasso temporale così ristretto, comporta inevitabilmente e prevedibilmente la distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro collegati a tutti i servizi che ruotano attorno al lavoro in sede (ristorazione, pulizie, vigilanza, facchinaggio, manutenzioni, bar, ristoranti, ecc.); averlo applicato in questo modo, senza una visione di insieme che approntasse misure idonee per gestire gli esuberi conseguenti è un atto di incredibile miopia e irresponsabilità politica, di cui pagheranno le conseguenze, come sempre, i soggetti più deboli e meno tutelati.
Purtroppo l’emergenza covid sta evidenziando ancora una volta la spaccatura nel mondo del lavoro tra soggetti tutelati e non tutelati; tra chi ha tratto benefici (come lo smart working) e chi è scivolato ancor più in uno stato di precarietà, insicurezza e vera a propria indigenza.
Sono storture evidenti, prevedibili e comunque denunciate da mesi, ma rispetto alle quali non sono state adottate contromisure; anzi si è scelto deliberatamente di lasciare allo sbaraglio centinaia di migliaia e, a breve, probabilmente milioni di lavoratori e lavoratrici, innescando una “bomba” sociale che rischia di esplodere nelle prossime settimane.