Lavoro. L’ultimo recente studio sui licenziamenti

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Lavoro. L’ultimo recente studio sui licenziamenti

Nella maggioranza degli ordinamenti, il datore di lavoro può procedere al licenziamento quando, per ragioni economiche, nell’ambito dell’organizzazione aziendale il costo delle risorse umane risulti troppo alto. Si tratta, ovviamente, di ragioni estranee alla condotta del lavoratore e che attengono piuttosto ad esigenze organizzative dell’azienda, che possono talora consistere nell’esigenza di salvaguardarne la competitività.

La caratteristica comune alla maggior parte degli ordinamenti giuridici è la necessità che il licenziamento sia giustificato da una specifica e legittima motivazione (da dimostrare). Il datore è tenuto, infatti, a giustificare il licenziamento provando le reali esigenze aziendali per le quali è costretto a privarsi di alcuni dei suoi dipendenti. Tra le più frequenti rientrano le necessità di ristrutturazione e modernizzazione aziendale, così come casi di insolvenza, fallimenti, chiusure di stabilimenti e rami d’azienda, cali di produzione e esigenze di salvaguardia della competitività aziendale.

Nessuna motivazione è, invece, richiesta in Paesi come gli Stati Uniti, in cui il licenziamento può avvenire ‘at will’, cioè a totale discrezione del datore di lavoro, o il Brasile, in cui il datore può licenziare senza ragione, salvo che il dipendente rientri tra quelli con regime di stabilità cui è garantita una maggiore protezione. Particolare tutela è garantita anche in Colombia, dove per il licenziamento alcune tipologie di dipendenti serve una specifica autorizzazione ministeriale. Tra i paesi nei quali la motivazione del licenziamento è sempre richiesta, una maggiore rigidità si riscontra in Olanda, dove le ragioni economiche poste alla base del licenziamento vengono valutate caso per caso da un’autorità autonoma commissionata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, così come in Venezuela, in cui il datore è tenuto a seguire una procedura amministrativa volta ad ottenere l’autorizzazione del Ministero del Lavoro a poter procedere.

Anche in Messico il licenziamento è subordinato ad uno specifico consenso dell’Ispettorato del Lavoro mentre in Colombia il licenziamento intimato per ragioni economiche, pur se legittimo, obbliga sempre il datore a corrispondere al dipendente una specifica indennità variabile in funzione di aspetti quali la tipologia di contratto, la retribuzione del lavoratore e l’anzianità di servizio. Inoltre, in alcuni paesi, tra cui Italia, Germania, Irlanda, Norvegia e Svezia, il datore di lavoro è tenuto preventivamente all’obbligo di repêchage, dovendo dimostrare di non poter utilmente reimpiegare i lavoratori licenziati in altri reparti della sua organizzazione. Dall’indagine emerge, inoltre, che in tutti i paesi europei il datore di lavoro deve concedere un periodo di preavviso la cui durata è quasi sempre correlata all’anzianità di servizio. Questo non vale nella maggior parte dei Paesi delle Americhe nei quali, spesso, il preavviso non è previsto. Tra questi, ad esempio, Colombia e Messico in cui il datore di lavoro può decidere di licenziare con effetto immediato, o il Venezuela, in cui non vi è preavviso perché i singoli licenziamenti devono essere sempre autorizzati dal ministero del Lavoro. 

In merito alle modalità del licenziamento, nella maggior parte dei paesi non è prevista alcuna particolare procedura di consultazione sindacale. E’, infatti, sufficiente che il licenziamento venga intimato per iscritto con indicazione delle motivazioni.

Alcuni ordinamenti prevedono, invece, particolari procedure di informazione e/o consultazione degli organismi di rappresentanza dei lavoratori o dei lavoratori medesimi. Succede ad esempio nel Regno Unito, in Lettonia, in Finlandia e in Francia, in cui è richiesta una preventiva consultazione con il lavoratore interessato al fine di valutare possibili alternative al licenziamento. E’ così anche per Grecia, Irlanda, Germania, Svezia, Slovacchia, Ucraina, Polonia, Russia e Cina, in cui devono essere prima informate e consultate le rappresentanze sindacali le quali, in linea generale, non godono di alcun potere di veto. In Austria il datore deve invece seguire una particolare procedura dinanzi all’Ispettorato del Lavoro così come accade in Italia, ma solo per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015, che prevede l’esperimento di un preventivo tentativo di conciliazione dinanzi all’Ispettorato territoriale del Lavoro, mentre in Messico c’è addirittura l’obbligo di ottenere uno specifico consenso a procedere al licenziamento (il licenziamento per motivi economici è infatti trattato alla stregua dei licenziamenti collettivi). Particolarmente restrittiva è, infine, la regolamentazione del licenziamento economico in Perù, dove questo è sempre subordinato al consenso del lavoratore, con il quale il datore è tenuto a negoziare i termini della cessazione del rapporto.

L’analisi compativa è stata condotta da Toffoletto De Luca Tamajo, studio specializzato in consulenza e diritto del lavoro per le imprese e contratti di agenzia, che ha realizzato lo studio a livello globale sul licenziamento per motivi economici. L’analisi ha preso in esame le circostanze e le modalità di intimazione in 43 Paesi, svolta in collaborazione con Ius LaborisTM, la più grande alleanza mondiale di specialisti in diritto del lavoro.