Casse aziendali in crisi prima dell’estate. Le tredici settimane di Covid-19 sono insufficienti e potrebbero esaurirsi prima dell’estate, a metà del prossimo giugno, con la conseguenza che le aziende potrebbero ritrovarsi in vera difficoltà anche nel pagare i dipendenti anche in assenza della ripresa piena delle attività lavorative. Al venire meno della cassa integrazione si somma, poi, il divieto di licenziare prorogato fino al 17 agosto. Si può uscirne fuori in qualche modo? Tre le possibilità: ricorso alla cassa integrazione ordinaria o straordinaria «no Covid-19» (se c’è possibilità; le piccole aziende, quelle fino a 5 dipendenti, ad esempio, non ce l’hanno tale possibilità); indebitarsi ulteriormente per pagare i dipendenti; portare i libri in tribunale.
Gli ammortizzatori Covid-19. Per il periodo di emergenza da Coronavirus è stata introdotta una disciplina specifica, ad hoc, di cassa integrazione. In pratica, i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività per eventi riconducibili all’emergenza Covid-19, possono fare domanda per periodi decorrenti dal 23 febbraio utilizzando una causale specifica, appunto «Covid-19».
I lavoratori destinatari sono quelli alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti, ma non è necessario che abbiano un’anzianità di effettivo lavoro di almeno 90 giorni (in deroga alle condizioni previste dalla disciplina ordinaria). Sempre in deroga alla disciplina ordinaria:
A tale comunicazione segue, su richiesta di una delle parti, un esame congiunto della situazione avente a oggetto la tutela degli interessi dei lavoratori in relazione alla crisi dell’impresa. La procedura deve esaurirsi entro 25 giorni dalla data della comunicazione, 10 per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti).
Inoltre è stato previsto che la concessione della Cigo Covid-19:
– sospende e sostituisce la Cigs eventualmente in corso;
– può riguardare anche gli stessi lavoratori beneficiari della Cigs a totale copertura dell’orario di lavoro.
Tre schieramenti. Tutto quanto finora detto interessa, prevalentemente, le aziende che rientrano nel campo di applicazione delle integrazioni salariali (in genere quelle con più di 5 dipendenti).
A favore dei datori di lavoro (anche del settore agricolo, della pesca e del terzo settore) che non hanno diritto in via ordinaria alle integrazioni salariali è stata introdotta la cassa integrazione in deroga (Cigd). Alla Cigd si applica la stessa disciplina della Cigo, comprese le particolari deroghe previste per il periodo emergenziale Covid-19.
Infine, disposizioni specifiche, relative alla durata dei trattamenti, sono previste per i datori di lavoro con unità produttive site nei comuni delle prime «Zona Rossa», per i datori di lavoro che occupano lavoratori residenti o domiciliati nei predetti comuni e, in materia di cassa integrazione in deroga, per le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
L’incognita estate. A seguito delle novità del decreto Rilancio (si veda anche altro articolo), la Cigo Covid-19 è destinata a esaurirsi prima dell’estate.
Premessa: il lockdown in tutt’Italia c’è stato a marzo, mentre le prime zone rosse (particolari comuni e regioni del nord) c’è stato dal 23 febbraio. Oggi, le imprese hanno a disposizione un periodo di
Cigo Covid-19 di 14 settimane. Tale periodo può essere fruito dal 23 febbraio al 31 agosto. Una volta esaurite le 14 settimane è possibile fruire di altre 4 settimane, ma esclusivamente nei mesi di settembre e ottobre. Facciamo qualche ipotesi: l’azienda che ha fermato l’attività ai principi di marzo è probabilmente arrivata a metà maggio (quando c’è stata l’apertura con la Fase 2) che ha già fruito di 10 settimane di Cigo Covid-19.
Dunque, da metà maggio a fine mese di agosto gli restano altre 4 settimane, cioè circa un mese per ricorrere alla cassa integrazione in caso di riduzione, se non addirittura stop dell’attività. Nei mesi di settembre e ottobre avrà a disposizione altre 4 settimane. D’altro canto, il decreto Rilancio ha prorogato il divieto di licenziamento fino al 17 agosto. Stando così le cose, per almeno due mesi pieni, luglio e agosto, le imprese rischiano l’impasse. Certo, si ci si augura che la Fase 2 decolli, che preso si ritorni a una certa normalità, anche per quanto riguarda i consumi e, quindi, anche la produzione. Ciò, tuttavia, non elimina il rischio che tantissime aziende, già provate e in difficoltà, finiscano per essere messe in ginocchio, costrette a indebitarsi ulteriormente per pagare i dipendenti senza lavoro da svolgere. Il rischio è alto per le Pmi, anche artigiane, che hanno finora mantenuto i propri lavoratori grazie alla cassa integrazione e che al suo venir meno avrebbero sicuramente e necessariamente optato per un ridimensionamento aziendale con alcuni licenziamenti, al fine di salvare però l’impresa e altri lavoratori. Un’alternativa è il ricorso alla cassa integrazione ordinaria, ma questa via è del tutto preclusa alle piccole aziende (che beneficiano, appunto, della cassa in deroga). Resta una terza via: portare i libri in tribunale. Ma è una soluzione che non conviene all’azienda, ai suoi dipendenti, e neppure all’Italia.
Come affrontare la crisi aziendale.
Sotto il nome di «ammortizzatori sociali» è ricompresa una serie d’interventi volti a sostenere il salario dei dipendenti di aziende in crisi o dei lavoratori espulsi dai processi produttivi. Due le tipologie di ammortizzatori: quelli riconosciuti in presenza di un rapporto di lavoro e quelli riconosciuti alla cessazione (fuori) di un rapporto di lavoro (indennità di disoccupazione).
Il «rapporto di lavoro» tutelato è sempre e soltanto quello «dipendente». Limitando l’attenzione alle misure attuabili in presenza di un rapporto di lavoro, gli ammortizzatori disponibili sono due: cassa integrazione ordinaria (Cigo) e cassa integrazione straordinaria (Cigs). Entrambe hanno la funzione di integrare la retribuzione persa dai lavoratori per sospensione o riduzione attività lavorativa, al fine di ridurre temporaneamente i costi del personale delle aziende che così possono evitare i licenziamenti. La Cigo tutela le crisi temporanee, quelle che prevedono una ripresa dell’attività produttiva. Quando la crisi è di lungo periodo, con esito incerto si fa ricorso alla Cigs.
[estratto da ItaliaOggi 25mag 20]