Emergenza coronavirus. Il contributo di Carmelo Palamara, segretario provinciale di Reggio Calabria, alla luce della situazione attuale
“La Reggio ‘bella e gentile’ per come definita da Agazio Trombetta su un suo libro, mio professore ai tempi degli studi superiori fine anni 60 primi 70, trascorsi all’I.T.C. R. Piria di Reggio Calabria, certamente non è più quella. Piccola parte di essa si è abbellita di più, grazie alle Ferrovie dello Stato che per poter ottenere un sottopassaggio che da Reggio Cal. Stazione Centrale servisse a far attraversare, fino a fuori città, i propri treni, offrì al comune di Reggio Calabria, quale contro partita, la ristrutturazione di quel chilometro più bello d’italia di D’Annunziana memoria. Per il resto: lacrime e sangue”.
“Terribili gli ultimi 5 anni, danni procurati con il “Katerpillar” a partire dal Governo centrale e a seguire dal deleterio Governo regionale, per poi imbattersi in un mostruoso virus, appunto il Corona che ad oggi ha mietuto più di 2 mila vittime.
E ancora non è finita. La sanità in Calabria è ammalata, e il Signor Cotticelli, commissario regionale della Sanità, designato da questo Governo centrale, non è stato in grado di guarirla quando avrebbe potuto farlo, ed oggi, al cospetto di questa pandemia incominciata da poco a verificarsi, a Reggio Calabria ci ritroviamo a non avere medici e infermieri, i locali a disposizione al momento bastano per gli attuali contagiati che in tutta la Calabria sono 63, ma dicono che il disastro deve ancora arrivare, perché non più tardi di una settimana migliaia di meridionali, che lavoravano a Milano, hanno pensato bene di partire e raggiungere il sud.
I locali per far fronte alla grave situazione, che si prevede aggravarsi nel prossimo periodo con un aumento dei casi, non sono sufficienti ad ospitare, come non sono sufficienti i macchinari per la respirazione, così detti ventilatori polmonari, come latitano mascherine e guanti. I medici di base chiudono per protesta, sarebbero quelli che dovrebbero essere contattati in presenza di sintomi, e sono quasi sempre lasciati senza mascherina. Dicono, giustamente, che mancano i dispositivi di protezione individuale, è tassativo l’uso di DPI rispondenti a norma quali mascherine idonee, camici, guanti, occhiali e materiali per la sanificazione, personale ed ambientale, il tutto in quantità congrua rapportata al volume di lavoro quotidiano nonché il loro smaltimento.
Ad oggi i medici di base hanno ricevuto da parte dell’Asp solo tre mascherine chirurgiche, non appropriate al caso e dopo due ore da sostituire. Pertanto essendo le richieste fatte all’ASP ad oggi rimaste inevase, decidono di adottare con urgenza provvedimenti di assoluta sicurezza mettendo in atto i protocolli dettati dalle linee guida dell’OMS.
A questo punto, secondo il mio modesto avviso, il sindacato dovrebbe intervenire per chiedere ai presidenti delle varie regioni, di accertare lo stato di salute di tutti i cittadini, soprattutto di coloro che oggi stanno continuando a lavorare, attraverso i tamponi da effettuarsi a tappeto, come hanno fatto i sud coreani e come sta per fare il presidente del Veneto, in modo da verificare quanti sono immuni e quanti gli infetti al coronavirus che purtroppo non lo sanno.
Ed ancora, il sindacato deve battersi affinchè ogni Presidente di Regione riesca a dotare tutti i lavoratori della sanità dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) in modo che gli addetti possano lavorare con tranquillità e sicurezza per evitare eventuali contagi sui posti di lavoro”.