Ascoltati i lavoratori pugliesi, la Fesica Confsal fa registrare maggiori problemi nell’agroindustriale

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Ascoltati i lavoratori pugliesi, la Fesica Confsal fa registrare maggiori problemi nell’agroindustriale

La città di Bari versa in una situazione non confortante e con essa le problematiche irrisolte legate al mondo del lavoro e dei lavoratori. E’ questa la sintesi dell’assemblea che ha visto impegnati sul capoluogo pugliese la dirigenza della Fesica Confsal di Bari col supporto del segretario generale Bruno Mariani giunto da Roma, per l’occasione, con un collaboratore. Nel corso dell’adunata, in cui erano presenti diverse centinaia di lavoratori a rappresentare in gruppi il settore d’appartenenza, è emerso come a Bari e nel resto della Puglia, sia il comparto dell’agroindustriale ed il suo indotto a soffrire maggiormente. E conseguentemente con i loro operai.

Rispetto ad altri Paesi e alcune altre regioni d’Italia, la valorizzazione, l’innovazione e la ricerca di nuovi metodi di coltivazione, di nuovi mezzi di industrializzazione, non stanno portando a quella crescita che dovrebbe segnare un andamento positivo anche in campo lavorativo e formativo. Anche per questo i lavoratori hanno chiesto di trovare, attraverso il coinvolgimento attivo delle parti sociali, strumenti più sicuri e rapidi per aiutare anche le aziende che, non sempre, riescono a fronteggiare la crisi ed i tentativi di miglioramento non andati a buon fine.

Dall’assemblea è emersa anche tanta indignazione verso chi è avvezzo a proporre lavoro al limite della legalità con situazioni, specie nell’agricoltura, indecenti: “la negazione della dignità del lavoro”, qualcuno ha affermato stizzito. “Non capita solo il Sud, ma anche in distretti di eccellenza come nei vigneti della Franciacorta in Lombardia e nei meleti in Trentino” – ha continuato un lavoratore con esperienza.

Se a guadagnarci potrebbero essere certi ambigui imprenditori agricoli, se non caporali, chi ci perde è sempre il lavoratore: in termini retributivi e contributivi. Perché questi lavoratori così sacrificati – hanno spiegato – percepiscono un salario giornaliero inferiore di circa il 40 per cento di quello previsto dai giusti Ccnl: cioè circa 30 euro per una giornata di lavoro che può durare più di dieci ore.

Fesica Confsal locale e nazionale si sono detti pronti ad intervenire con ogni mezzo legittimo possibile per denunciare ogni forma di sopraffazione lavorativa, cercando – in altri contesti e con le prerogative che gli spettano da parte sociale – di aiutare le imprese nella conoscenza di quanto può servire per il loro sviluppo e per una condizione migliore dei lavoratori”.