Rdc e lavoro nero, multe salate. Le precisazioni dell’Ispettorato del lavoro

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Rdc e lavoro nero, multe salate. Le precisazioni dell’Ispettorato del lavoro

Nuclei beneficiari: al datore fino a 52 mila euro di sanzione

Occupare in nero una persona che appartiene a un nucleo familiare beneficiario del Reddito di cittadinanza (Rdc) può costare al datore di lavoro fino a 52 mila euro di multa (17 mila euro in caso di pagamento entro 60 giorni dalla contestazione). Ai fini dell’applicazione della sanzione non è rilevante la materiale percezione del sussidio da parte del nucleo familiare, perché la fattispecie integra l’ipotesi di «reato di pericolo». Nella nota prot. n. 7964/2019 (VEDI), l’ispettorato nazionale del lavoro (Inl), con placet del ministero del lavoro, fornisce chiarimenti sul regime sanzionatorio del Rdc nella specifica ipotesi di occupazione in nero dei soggetti beneficiari, integrando le istruzioni della circolare n. 8/2019. L’occasione consente di fare un quadro aggiornato sulle sanzioni nelle due ipotesi: violazioni a carico dei percettori del sussidio; trasgressioni operate dai datori dei lavoro (occupazione in nero di soggetti beneficiari del sussidio economico).

Le sanzioni per i datori di lavoro. L’ipotesi sanzionatoria è praticamente una: occupare in nero soggetti beneficiari del sussidio. Il caso è trattato come «aggravante» della maxi-sanzione per lavoro nero, con calcolo della sanzione in misura maggiorata del 20% (si veda tabella giù). La disciplina sanzionatoria trova applicazione in tutti i rapporti di lavoro privati, con eccezione di quelli domestici. Nella nota prot. n. 7964/2019, l’Inl precisa che l’aggravante sanzionatoria (aumento maxi-sanzione del 20%) si applica «non solo nell’ipotesi in cui il lavoratore in nero sia l’effettivo richiedente del reddito, ma anche qualora lo stesso, pur non essendo il diretto richiedente, appartenga comunque al nucleo familiare che (…) risulta destinatario del beneficio». Si ricorda, peraltro, che, quando i lavoratori occupati in nero sono almeno il 20% della forza lavoro aziendale, c’è anche la sanzione della sospensione dell’attività d’impresa, per la cui revoca il datore di lavoro deve procedere alla regolarizzazione, anche contributiva, dei rapporti di lavoro sommersi. La recidiva. Vale la pena ricordare, infine, che gli importi delle sanzioni sono oggetto di ulteriore aumento in caso di recidiva del datore di lavoro. Ossia nel caso in cui, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni, amministrative o penali, per gli stessi illeciti. Gli illeciti da prendere in considerazione (c.d. fondanti la recidiva) sono anche quelli commessi prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2019 che ha previsto questa maggiorazione delle sanzioni, cioè prima del 1° gennaio 2019.

Le sanzioni per i beneficiari. È la parte più consistente del regime sanzionatorio. Quando si rischia il carcere. In due ipotesi sono previste sanzioni penali: 1. quando chiunque, al fine di ottenere il Rdc o la Pdc indebitamente, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute. In tal caso scatta la reclusione da due a sei anni; 2. nei casi di omessa comunicazione della variazione del reddito, anche se proveniente da attività irregolari, del patrimonio o di altre informazioni dovute entro il termine di 30 giorni dalla nuova occupazione, come dipendente o autonomo (entro 15 giorni qualora si tratti di variazione del patrimonio). In tal caso scatta la reclusione da uno a tre anni, se le informazioni omesse sono rilevanti per la revoca o la riduzione del beneficio. Alla condanna in via definitiva, nei due casi precedenti, è prevista la sanzione accessoria che consiste: nell’immediata revoca del Rdc o Pdc con efficacia retroattiva; nella condanna del beneficiario a restituire quanto indebitamente ricevuto; e nell’impossibilità per il condannato di richiedere nuovamente il Rdc o Pdc prima che siano decorsi 10 anni dalla condanna. Questa sanzione accessoria viene applicata anche nei casi di condanna del beneficiario per uno dei seguenti reati previsti dal codice penale: associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico (art. 270-bis); attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280); sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289-bis); associazioni di tipo mafioso anche straniere (art. 416-bis); scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter); strage (art. 422); truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis).

Nella nota prot. n. 7964/2019 l’Inl (VEDI) spiega a quali conseguenze conducono queste due ipotesi sanzionatorie, quando le relative violazioni siano state commesse da lavoratori occupati in nero. La prima ipotesi di reato fa riferimento ai casi in cui il «richiedente» Rdc abbia fornito informazioni non vere all’atto della presentazione della relativa domanda e non abbia integrato, nei successivi 30 giorni, le informazioni dovute con modello «Rdc – Com ridotto». In tal caso, pertanto, ai fini della configurabilità del reato, rileva il lavoro «in nero» svolto prima della presentazione della domanda di Rdc, «da parte di uno dei componenti del nucleo» e in ragione della quale sia stato percepito reddito non comunicato all’Inps. Il reato è a carico del richiedente il Rdc, anche nel caso in cui non coincida con il lavoratore «in nero». Per la seconda ipotesi di reato (omessa comunicazione, nei termini, di ogni variazione di reddito o patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del Rdc), precisa l’Inl, la cui condotta è imputabile al lavoratore, rileva l’attività lavorativa «in nero» iniziata dopo la presentazione della domanda di Rdc nel caso in cui non sia stata integrata con le informazioni relative ai compensi percepiti, da rendersi a cura del lavoratore che percepisce reddito da tale attività e che appartenga a un nucleo familiare beneficiario di RdC, con il modello «Cdr – Com esteso». In tal caso, quindi, la comunicazione di reato è fatta a carico del lavoratore «in nero».

L’Inl, inoltre, precisa che non è rilevante, per la configurabilità dei predetti reati, la materiale percezione del Rdc da parte del nucleo familiare o del soggetto responsabile delle condotte illecite, perché le fattispecie integrano ipotesi di «reato di pericolo». Quando c’è la decadenza. Nei casi di mancato rispetto degli obblighi conseguenti al Rdc, anche da parte dei componenti il nucleo familiare, c’è decadenza dal Rdc. La decadenza è inoltre disposta nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico del Rdc in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di Dsu (è la domanda di Isee) o di altra dichiarazione nell’ambito della procedura di richiesta del beneficio; in questi casi c’è il recupero di quanto versato in eccesso. Quando c’è la decurtazione del sussidio.

Nel caso di mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alle iniziative di orientamento, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni: a. la decurtazione di due mensilità, in caso di prima mancata presentazione; b. la decadenza dalla prestazione in caso di ulteriore mancata presentazione. Nei casi di mancato rispetto degli impegni previsti nel «Patto per l’inclusione sociale» relativi alla frequenza dei corsi d’istruzione o formazione da parte di componente minorenne ovvero impegni di prevenzione e cura finalizzati alla tutela della salute, individuati da professionisti sanitari, si applicano le seguenti sanzioni: a. la decurtazione di due mensilità dopo un primo richiamo formale al rispetto degli impegni; b. la decurtazione di tre mensilità al secondo richiamo formale; c. la decurtazione di sei mensilità al terzo richiamo formale; d. la decadenza dal beneficio in caso di ulteriore richiamo. Quando c’è la sospensione. Si applica nei confronti del beneficiario o del richiedente cui sia stata applicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, nonché del condannato con sentenza non definitiva per uno dei seguenti delitti: associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico; attentato per finalità terroristiche o eversione; sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione; associazioni di tipo mafioso anche straniere; scambio elettorale politico-mafioso; strage; truffa aggravata e conseguimento di erogazioni pubbliche.

La sospensione si applica, inoltre, al beneficiario o al richiedente dichiarato latitante o che si è sottratto volontariamente all’esecuzione della pena. Una squalifica di 18 mesi. Il Rdc può essere richiesto dal richiedente ovvero da altro componente il nucleo familiare solo decorsi 18 mesi dalla data del provvedimento di revoca o di decadenza, termine ridotto a sei mesi nel caso facciano parte del nucleo familiare componenti minorenni o con disabilità.

[estratto da ItaliaOggi del 7.10.19]