A seguito del “tavolo tecnico” aperto al Cnel per il confronto su “rappresentanza” e “rappresentatività”, il Vice segretario della Fesica Confsal e componente della Commissione studio Confsal ed ‘Informazione e Lavoro’ al Cnel, Alfredo Mancini, ha tentato di “rendere intellegibile una materia che in realtà è molto complessa e spesso viene trattata come elemento a sé stante, senza considerare i reali attori del mondo le lavoro, ossia i lavoratori“.
IL DIRITTO DI CONTARE. Per esprimere questo concetto non è necessario fare voli pindarici, ma basta leggere il testo che regola il nostro Paese, la Costituzione Italiana. Per semplificare, ma senza travisarne il testo, la carta costituzionale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (Art. 2 Cost.); … il diritto di associazione è tutelato in quanto espressione della libertà personale (Art. 13 Cost). Ed ancora, l’organizzazione sindacale è libera (Art. 39 Cost). Infatti, il sindacato è un’associazione libera e spontanea di lavoratori (ma anche di datori di lavoro), costituita al fine di tutelare gli interessi professionali dei propri membri.
La libertà sindacale rappresenta un’articolazione della generale libertà di associazione (Art. 18 Cost.). Essa si sostanzia nella libertà dei sindacati di svolgere liberamente la propria attività, ciò che implica autonomia organizzativa, negoziale ed amministrativa; e nella libertà dei singoli di aderire o meno ad un’organizzazione sindacale.
La libertà sindacale si traduce quindi in:
• libertà di costituire anche più di un sindacato per categoria;
• libertà per il singolo lavoratore di scegliere a quale sindacato aderire, oltre alla facoltà di non aderire ad alcuna organizzazione;
• libertà di esercitare i diritti sindacali e di farne propaganda, anche all’interno dei luoghi di lavoro.La tua libertà finisce dove inizia la libertà dell’altro, anche ad associarsi o costituire associazioni.
IL DOVERE DI CONTARSI: Nel quadro di libertà sopra esposto di fare parte o costituire un’associazione, però si possono trovare miriadi di associazioni che potrebbero rappresentare anche solo poche persone ed in una democrazia rappresentativa, è necessario individuare chi rappresenta cosa o chi, da qui la necessità di verificare se un’associazione rappresenta solo due, tre o migliaia, milioni di persone. Quindi, contarsi vuol dire avere la certezza di contare, di partecipare ad organismi pubblici ed essere individuati come interlocutori per le problematiche che riguardano il modo che si rappresenta.
Fino a questo punto credo che quanto esposto sia condivisibile …
COM’E’ LA REALTA’. Ci troviamo in un contesto dove sono presenti a livello nazionale circa 900 contratti collettivi nazionali e bisogna delimitare quali sono i contratti che danno accesso a benefici fiscali ed incentivi vari. Qui comincia il terreno scivoloso, perché si vorrebbe individuare chi ha titolarità a siglare gli accordi collettivi presi a riferimento per la contribuzione previdenziale di riferimento, attraverso il criterio della conta di chi rappresenta chi.
Fissiamo quindi due punti:1) titolarità a siglare accordi collettivi, attraverso il criterio della conta di chi rappresenta chi;2) contratti presi come riferimento per accedere a benefici fiscali ed incentivi vari. Contestualizziamo il punto 1): In base a quanto precedentemente scritto (… libertà dei sindacati di svolgere liberamente la propria attività, ciò che implica autonomia organizzativa, negoziale ed amministrativa; e nella libertà dei singoli di aderire o meno ad un’organizzazione sindacale) tutti i sindacati hanno la facoltà di sottoscrivere accordi (dei datori di lavoro e dei lavoratori) perché rientra nella loro autonomia negoziale ed amministrativa, quindi si configurerebbe un’indebita compressione della libertà di tali soggetti non considerare validi i loro contratti (titolarità a siglare accordi collettivi); Passiamo quindi a esaminare il criterio della conta di chi rappresenta chi. Sarebbe un punto scolastico (basta contare!), se non fosse per la situazione che si è formata nel tempo.
Immaginate di avere associazioni che per loro parte rappresentano datori di lavoro e lavoratori; si incontrano e sottoscrivono accordi per stabilire delle regole da applicare nelle aziende in cui si lavora. Trattandosi di rapporti umani da applicare nell’attività lavorativa, in un’azienda dove ci sono centinaia di persone, non tutti hanno le stesse idee e quindi si creano ulteriori formazioni sociali (sindacati) che vorrebbero discutere, dal loro punto di vista, circa lo svolgimento dell’attività lavorativa (perché il diritto di associazione è tutelato in quanto espressione della libertà personale).
Per far vedere quanti sono chiedono al datore di lavoro di erogare un importo fisso mensile alla loro associazione per poter essere contati.Fin qui tutto chiaro, spero. Ora, le associazioni dei datori di lavoro e lavoratori che hanno sottoscritto il contratto (ricordo che le associazioni dei lavoratori dovrebbero rappresentare i lavoratori) decidono che solo le idee di chi rappresenta almeno il 5 per cento dei lavoratori all’interno dell’azienda possono essere discusse (e la libertà di costituire un’associazione!?). Poi accade che il datore di lavoro decide di non erogare l’importo all’associazione costituita dai lavoratori, impedendone la conta, perché non sono stati loro a sottoscrivere il contratto (…e quindi le loro idee non valgono!?…e la libertà sindacale!?) Poi non vi nascondo le minacce, neanche tanto velate, di licenziamento o quanto nelle loro facoltà, se si aderisce ad una formazione sindacale rispetto ad un’altra (centinaia di cause in corso). Non credo neanche ci sia bisogno esplicitare le sigle di queste formazioni sindacali, vista la prassi ormai consolidata e ripetuta nel tempo. Nella migliore delle ipotesi, la situazione potrebbe essere definita come un “cartello” fatto da determinate associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori.
In questo “clima disteso”, come è possibile applicare il criterio della conta di chi rappresenta chi? Contestualizziamo il punto 2): A questo punto mi chiedo come sia possibile avere dei contratti di riferimento per accedere a benefici fiscali ed incentivi vari, se la maggior parte non sono stati integrati dai reali attori del lavoro (lavoratori) ma solo da chi lo ha sottoscritto, anche senza rappresentare tutti i lavoratori che hanno deciso di organizzarsi in formazioni sociali. Quindi, si prenderebbero contratti riferiti a prassi consolidate nel tempo seppur in manifesta violazione di libertà sindacale e di reale criterio di rappresentatività.
QUALI I PUNTI DA PRENDERE IN CONSIDERAZIONE? Anzitutto, va specificato che attualmente le Confederazioni dei sindacati maggiormente rappresentativi sono rappresentati al CNEL (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro) e, pertanto, una base per una valutazione di quali possono essere gli attori già esiste; Per non lasciare che sia l’unico criterio di valutazione, sarebbe molto più semplice spostare l’attenzione sui diritti dei lavoratori, consolidati nel tempo da prassi e norme, per identificare quali sono i contratti che possano essere presi come riferimento per accedere a benefici fiscali ed incentivi vari. Per il criterio della conta di chi rappresenta chi, è impensabile far assurgere a norma, prassi consolidate in violazione delle più elementari libertà di formazioni sociali. Quindi, per valutare una reale rappresentatività delle organizzazioni sindacali, è necessario un periodo transitorio nel quale ci possa essere un “arbitro” che verifichi l’applicazione delle regole del gioco. Si dovrebbe affidare ad organismo terzo il recepimento delle deleghe sindacali per la totalità dei lavoratori, così da non comprimere alcuna libertà di associazione anche di formazioni sociali che, ad oggi potrebbero sembrare minori, ma delle quali scopriremo la loro consistenza reale al termine del periodo transitorio. Si consentirebbe, in questo modo, di eliminare attività sopra descritte, che sono state giudicate illecite da diversi giudici del lavoro.